martedì 31 maggio 2016

UOMINI CONTRO ANIMALI. K. RICCARDI, Bimbo nel recinto del gorilla, genitori sotto accusa: "Specie sacrificata per loro negligenza", LA REPUBBLICA, 31 maggio 2016

CINCINNATI - Il figlio di 4 anni cade nel recinto del gorilla. Lui, enorme, lo avvicina, sembra innocuo, la sua mano è grande come metà bambino. L'incontro ravvicinato tra i due dura più di dieci minuti. I genitori nel panico chiedono l'intervento del personale dello zoo di Cincinnati che decide di uccidere l'animale.

lunedì 30 maggio 2016

LA CRISI DEL CETO MEDIO. I. DIAMANTI, Che fine ha fatto il nostro ceto medio, LA REPUBBLICA, 30 maggio 2016

Siamo diventati pessimisti. Nonostante i nostri governi, da oltre vent'anni, cerchino di tirarci su di morale. Prima Berlusconi: assimilava i pessimisti ai comunisti. Mentre oggi Renzi cerca di utilizzare le variazioni dell'economia e del mercato del lavoro, positive, per quanto lievi e contraddittorie, per sollevare il morale degli italiani e migliorare il clima d'opinione.

domenica 29 maggio 2016

SOCIOLOGIA DELLA DENATALITA'. F. ALBERONI, L'Occidente e l'era delle culle vuote, IL GIORNALE, 29 maggio 2016

Il crollo della natalità in Italia è avvenuto fra il 1964 e il 1994. Nel 1964 nascevano un milione di bambini, nel 1994 poco più della metà.

CONFRONTI. C. LANGONE, Manuale per resistere alle nuove ideologie che ci rovinano la vita, IL GIORNALE, 29 maggio 2016

A MBIENTALISMO Gli amici dovevano smetterla di turbarsi per l'adesione di Bergoglio al pensiero parascientifico dominante. Io non ci trovavo questa grande discontinuità: Papa Francesco praticava la superstizione ambientalista (anche ieri ha parlato di «sviluppo sostenibile») così come Papa Urbano VIII praticava la superstizione tolemaica.

venerdì 27 maggio 2016

MODELLI DA IMITARE PER GIOVANI MASCHI ITALIANI E NON. Da LA REPUBBLICA, 27 maggio 2016

Il profilo instagram dell'ex attaccante della nazionale azzurra è molto seguito e conta 652mila follower: qui Vieri vi racconta le sue giornate, tra palestra e maschere di bellezza

lunedì 23 maggio 2016

MOBILITA' SOCIALE IN ITALIA. BARONE, MOCETTI, In saecula saeculorum: la mobilità intergenerazionale nel lunghissimo periodo, ETICAECONOMIA.IT, 14 ottobre 2015

Con la locuzione “mobilità intergenerazionale” si fa riferimento alla misura in cui le condizioni socio-economiche dei padri influenzano quelle dei figli. Molti – e noi tra questi – ritengono auspicabile un’elevata mobilità, come segno di una società che tende all’uguaglianza delle opportunità. La mobilità intergenerazionale non ha però conseguenze solo in termini di equità ma anche di efficienza: qualora infatti le posizioni sociali fossero in qualche modo predefinite, si affievolirebbero gli incentivi all’investimento in capitale umano e si osserverebbero sprechi nell’allocazione delle risorse, ovvero nelle posizioni occupate da individui dotati ma privi di occasioni di ascesa sociale.

MOBILITA' SOCIALE IN ITALIA. F. FUBINI, La mobilità sociale? A Firenze è ferma da secoli, CORRIERE DELLA SERA, 21 maggio 2016

Com’è difficile cadere in basso in Italia. Se non per la reputazione, per qualcosa che per molti conta anche di più: il reddito e il patrimonio. Se la vostra famiglia era a buon punto sei secoli fa, è improbabile che oggi vi possa succedere qualcosa di estremamente sgradevole. Così almeno va a Firenze, una città talmente tranquilla e civile da essere anche piuttosto emblematica.

venerdì 20 maggio 2016

sabato 14 maggio 2016

MASS MEDIA MODELLI ED EMULAZIONE. M. DEMARCO, Gomorra e il rischio dell’emulazione «Troppi ragazzi imitano la fiction», CORRIERE DELLA SERA, 12 maggio 2016

«Sì, i giovani delle paranze usano il linguaggio di Gomorra; e sì, hanno l’atteggiamento di Genny Savastano. E allora?». Sono parole di Roberto Saviano, tratte da una recente intervista a Il Mattino. Varrebbe la pena non lasciarle cadere, perché ciò che non è un problema per Saviano, dal momento — spiega — che i giovani boss non fanno altro che «imitare la loro rappresentazione», lo è invece per chi ha un diverso punto di vista. Per costoro, offrire un rispecchiamento ai nuovi killer, appagare il loro narcisismo criminale e costruire modelli seducenti non sarebbe insomma una buona cosa.

mercoledì 11 maggio 2016

SCIENZE UMANE. ISTITUZIONI TOTALI. A. NEGRI, Una prigione a cielo aperto di Michel Foucault, IL MANIFESTO, 5 maggio 2016

Ripercorrere queste Lezioni Michel Foucault (La società punitiva. Corso al Collège de France (1972-1973), Feltrinelli, pp. 371, euro 35) significa immergersi nelle temperie parigine del dopo ‘68. Sono Robert Castel e Felix Guattari (oltre naturalmente a Gilles Deleuze) che salgono immediatamente sul proscenio quando si parli di istituzioni repressive ed è in relazione all’insieme di temi da loro sollevati, divenuti centrali nella discussione politica, che Foucault apre la sua ricerca. Gli aspetti anti autoritari del ‘68 avevano drammatizzato la figura repressiva dello Stato: su questo tema occorreva far chiarezza. In più c’è l’esperienza del Gip, il «Gruppo di intervento sulle prigioni», di matrice «maoista», al quale Foucault partecipa da protagonista: è un’esperienza dura nei confronti della «giustizia», delle autorità carcerarie e drammatica nel rapporto con i detenuti. Parlare di carcere, parlare col carcere significa infatti scontrarsi direttamente con la struttura del comando sociale e confrontarsi con una funzione specialista ed essenziale dello Stato.

lunedì 9 maggio 2016

MASS MEDIA CINEMA SOCIETA'. IL RISCHIO DELL'EMULAZIONE. IL CASO GOMORRA DIECI ANNI DOPO. L. MASTRANTONIO, Gomorra, 10 anni dopo Da apocalisse letteraria a parodia web della serie tv, CORRIERE DELLA SERA, 9 maggio 2016

Prima che riparta, domani su Sky, la giostra di piombo di «Gomorra. La Serie», è utile ricordare cos’è stato il libro di Roberto Saviano e come ha influenzato l’immaginario italiano e internazionale (non senza cortocircuiti: all’estero capitava che per assonanza con la serie tv sui mafiosi, «I Soprano», chiamassero l’autore Roberto Soprano). Uscito nel 2006 per Mondadori, «Gomorra» venne lanciato come reportage letterario, «non fiction». 

venerdì 6 maggio 2016

NEUROSCIENZE. INNATISMO E IMITAZIONE. A. MELDOLESI, Non è vero che i neonati imitano i più grandi per una capacità innata, CORRIERE DELLA SERA, 6 maggio 2016

Linguaccia. Bocca spalancata. Labbra in fuori come per schioccare un bacio. Faccia triste e faccia allegra. Avete mai provato a fare le smorfie davanti a un neonato? Vi ha risposto facendo le boccacce? La letteratura scientifica degli ultimi decenni ha radicato la convinzione che i bambini siano capaci di imitare i versi degli adulti sin dalla nascita. Proprio su questo presupposto sono state costruite intere teorie che spiegano lo sviluppo delle abilità cognitive complesse necessarie per le interazioni sociali. Ma potrebbe essere arrivata l’ora di un ripensamento. Un lavoro appena pubblicato su Current Biology, infatti, confuta l’idea che l’imitazione sia una facoltà innata. E c’è da prenderlo sul serio, perché quello firmato da Virginia Slaughter e dai suoi colleghi dell’Università del Queensland in Australia è il più esteso studio longitudinale mai condotto su questo comportamento infantile.

lunedì 2 maggio 2016

ANTROPOLOGIA. IL PRIMITIVO NEL MONDO GLOBALIZZATO. A. ZACCURI, Nel mondo globale l'«altro» non c'è più, AVVENIRE, 1 maggio 2016

Alla fine “noi” siamo davvero gli “altri”. Basta con la condiscendenza verso i primitivi, basta con il paternalismo di chi pensa che, se si impegnassero, gli aborigeni di qualsiasi latitudine potrebbero raggiungere l’unico livello di civilizzazione universalmente riconosciuto come tale, e cioè quello che obbedisce agli standard dell’Occidente illuminista. Un conto era quando gli altri se ne stavano nei loro villaggi, in atolli sperduti o in avamposti inaccessibili. Adesso invece abitano le nostre città, esercitando su di noi lo stesso sguardo sorpreso e indagatore che fino a poche generazioni fa l’Occidente riservava al resto del pianeta. Noi il centro, loro periferia. Tutto mescolato, adesso. Senza che gli altri ci diano almeno la soddisfazione di lasciarsi corrompere dai nostri vizi. La globalizzazione viaggia a modo suo e i simboli tribali convivono con la logica del consumismo. Non è un “altro” mondo: è il mondo così com’è. Il nostro e, nel contempo, il loro.