mercoledì 11 dicembre 2013

SOCIOLOGIA DELLA VITA URBANA. G. SIMMEL. La metropoli e la vita dello spirito, 1903

1. Vita metropolitana e velocità
La vita metropolitana produce un primo ed immediato effetto sul comportamento delle persone: “l’intensificazione della vita nervosa”, un maggior consumo di stati di coscienza, ovvero la necessità di rispondere  ad un “rapido ed incessante avvicendarsi di impressioni esteriori ed interiori” (36). La velocità degli stimoli, delle impressioni, dei ritmi sembra essere la prima caratteristica messa in luce da Simmel in queste pagine iniziali. Un ritmo forsennato che Simmel ritrova nelle situazioni più diverse della vita metropolitana: l’attraversamento di una strada, la vita economica, quella professionale. Una velocità che non era presente nella vita condotta nelle città di campagna e di provincia





2. Carattere intellettualistico-calcolatore e carattere sentimentale
La vita metropolitana produce un secondo effetto che Simmel collega tanto all’eccesso di consapevolezza già rilevato sopra, sia ad un altro fenomeno, questa volta di natura economica, presente nella società metropolitana: l’economia monetaria, vale a dire l’economia capitalistica. Questo modello di economia ha finito per produrre una vera e propria mentalità per la quale le persone valgono come “se fossero dei numeri ed interessano solo per il loro rendimento oggettivamente calcolabile”: “E’ in questo modo che l’abitante della metropoli si rapporta con i suoi fornitori o con i suoi clienti, con i suoi servi e spesso anche con le persone che appartengono al suo ambiente sociale e con cui deve intrattenere qualche relazione” (38). Come il denaro ha reso tutto indifferente ed astratto riducendo qualsiasi cosa a valore di scambio (questo è l’elemento comune alla diversità effettiva delle merci e alla varietà dei servizi), così i rapporti umani sono stati ridotti al semplice rapporto prestazione-controprestazione. In questo sistema economico si produce per clienti “totalmente sconosciuti, che non entrano mai nel raggio visuale del vero produttore. Questo fa si che l’interesse di entrambe le parti diventi di una spietata oggettività, il loro egoismo economico, basato sul calcolo intellettuale, non deve temere nessuna distrazione che provenga dalla imponderabilità delle relazioni personali” (39). Nella vita delle città di provincia e di campagna le relazioni umane sono più strette; ci si conosce quasi di persona, cosa che finisce per produrre una “colorazione affettiva del comportamento”; inoltre chi produce, produce per clienti che si conoscono direttamente e reciprocamente. La produzione stessa è per l’autoconsumo e per lo scambio immediato delle merci ed il contatto diretto con il cliente. Il problema, a questo punto, conclude Simmel è se sia la “disposizione intellettualistica dell’animo a spingere verso l’economia monetaria, oppure se sia quest’ultima a determinare la prima” (39)

3. Nella vita metropolitana lo spirito moderno diventa sempre più calcolatore
Lo spirito calcolatore della modernità si deve attribuire a due fattori: da un lato lo sviluppo delle scienze fisico-matematiche che vorrebbero trasformare il mondo intero in un calcolo fissandone ogni parte in formule matematiche; dall’altro l’economia monetaria e l’uso del denaro che ha fatto si che la vita quotidiana diventasse bilanci, calcoli, definizioni numeriche, riduzione di valori qualitativi in valori quantitativi: “Il carattere calcolatore del denaro ha introdotto nelle relazioni fra gli elementi della vita una precisione, una sicurezza nella definizione di uguaglianze e disuguaglianze, una univocità negli impegni e nei contratti come quella che è prodotta esteriormente dalla diffusione generalizzata degli orologi da tasca” (40)


4. La funzione livellatrice del denaro e lo sviluppo dell’indifferenza
Il terzo elemento caratteristico che la vita metropolitana produce è quello che Simmel chiama “essere blasé”: “L’essenza dell’essere blasé consiste nell’attutimento della sensibilità rispetto alla differenza fra le cose nel senso che il significato e il valore delle cose stesse sono avvertiti come irrilevanti. Al blasé tutto appare di un colore uniforme, grigio, opaco, incapace di suscitare preferenze” (43). Anche in questo caso c’è una relazione con l’economia monetaria: “Nella misura in cui il denaro pesa tutta la varietà delle cose in modo uniforme ed esprime tutte le differenze qualitative in termini quantitativi, nella misura in cui il denaro, con la sua assenza di colori e la sua indifferenza, si erge ad equivalente universale di tutti i valori, esso diventa il più terribile livellatore, svuota senza scampo il nocciolo delle cose, la loro particolarità, il loro valore individuale, la loro imparagonabilità” (43).

5. Riservatezza, avversione, estraneità, aggressività
La condizione di vita metropolitana produce altri effetti sugli individui costretti a viverla. Si tratta di atteggiamenti capaci di difendere l’individuo dalle pressioni di questa condizione. Primo fra tutti quello della RISERVATEZZA che, per anni, fa si che si arrivi a “non conoscere neppure di vista i vicini e che ci fa apparire così spesso freddi ed insensibili all’abitante della piccola città” (45). Simmel fa ancora una volta un confronto con la vita nelle piccole città: qui ognuno conosce, come già detto, quasi tutti quelli che incontra “e dove si ha un rapporto effettivo con ognuno, ciascuno di noi diventerebbe interiormente del tutto disintegrato e finiremmo per trovarci in una condizione psichica insostenibile” (45). Così, forse, si manifesta quel riserbo di cui sopra nella vita metropolitana. Ma la riservatezza nasconde, in realtà, altri sentimenti come l’avversione, l’estraneità, la repulsione che possono anche diventare, improvvisamente, odio ed aggressione

6. Nella metropoli l’individuo gode di una maggiore libertà rispetto a quella vissuta nella piccola città
“La vita della piccola città, nell’antichità come nel medio evo, imponeva al singolo tali limiti di movimento e di relazione all’esterno, di indipendenza e differenziazione all’interno che l’uomo moderno vi avrebbe l’impressione di soffocare; ed ancora oggi l’abitante della metropoli che si trasferisca in una città di provincia avverte qualcosa di analogo, almeno per quanto riguarda la qualità dei limiti. Quanto più piccola è la cerchia che forma il nostro ambiente e limitate sono le relazioni che ne oltrepassano i confini, tanto più ansiosamente questa cerchia sorveglia le prestazioni, la condotta e le convinzioni dell’individuo affinché nulla di troppo peculiare, quantitativamente e qualitativamente, faccia saltare il quadro di insieme. Da questo punto di vista la polis antica sembra aver avuto esattamente il carattere della città di provincia. Il fatto che la sua esistenza fosse permanentemente minacciata da nemici vicini e lontani generava quella coesione ferrea nelle relazioni politiche e militari, quella sorveglianza del cittadino da parte del cittadino, quella gelosia della comunità nei confronti del singolo per cui la vita autonoma di quest’ultimo era così piena di vincoli che questi poteva rivalersi solo con l’esercizio di un potere dispotico all’interno della propria casa. L’immenso movimento, l’effervescenza, la singolare vivacità della vita ateniese si spiegano, forse, col fatto che un popolo di persone orientate come poche altre allo sviluppo della propria individualità si trovò a lottare contro la permanente pressione interna ed esterna di una cittadina che tendeva naturalmente a reprimerla. Ciò produceva una atmosfera di tensione in cui i più deboli venuti tenuti a freno ed i più forti stimolati a dar prova di sé con passione. Proprio in questo modo fiorì ad Atene ciò che, senza poterlo meglio definire, si deve designare come l’universalmente umano nello sviluppo  della nostra specie” (47-48)

7. Le metropoli sono il luogo del cosmopolitismo
Un’altra caratteristica della vita metropolitana è il COSMOPOLITISMO, ossia la non riduzione dell’essenza metropolitana in grandezza immediata del territorio e della popolazione: “Una volta che si sia superata una certa soglia, il raggio visuale, le relazioni economiche, personali, spirituali ed il perimetro ideale della città aumentano in progressione geometrica” (50

8. L’incremento della divisione del lavoro e la creazione di nuovi bisogni
L’ampliamento della libertà individuale fa sì che questa libertà permetta che ogni individuo segua le leggi della propria natura facendo emergere l’elemento peculiare ed incomparabile che ogni natura individuale possiede. Per far emergere questa natura individuale ognuno dovrà “distinguersi effettiavemnte dagli altri poiché solo la nostra inconfondibilità comprova che il nostro modo di esistere non ci è stato imposto dagli altri” (51). Così le città diventano il luogo in cui la divisione del lavoro può raggiungere esiti estremi fino a determinare la nascita di professioni quasi incredibili come quella di chi viene chiamato quando ci si trovi sfortunatamente ad essere in 13 a tavola (la professione del quattordicesimo a Parigi!).
“mano a mano che si espande, la città offre sempre di più le condizioni fondamentali della divisione del lavoro, una cerchia che per la sua grandezza è capace di accogliere una grande e variegata quantità di prestazioni, mentre in contemporanea la concentrazione degli individui e la loro concorrenza per gli acquirenti costringe ciascuno a specializzarsi in modo tale da non rischiare di essere sostituito da altri. Il punto decisivo è che la vita urbana ha trasformato la lotta con la natura per il cibo, in una lotta per l’uomo; e che la posta in palio non viene data dalla natura, ma dall’uomo. Qui, infatti, non si tratta solo della specializzazione, di cui si è detto, ma di qualcosa di più profondo: del fatto che l’offerente deve cercare di suscitare bisogni sempre nuovi e sempre più specifici nelle persone cui si rivolge. La necessità di specializzare la propria prestazione per trovare una fonte di guadagno non ancora esaurita, una funzione non facilmente sostituibile, spinge a differenziare, raffinare ed arricchire i bisogni del pubblico, il che del resto porta evidentemente e necessariamente ad una differenziazione personale crescente all’interno del pubblico stesso” (52)

9. La ricerca della stravaganza e dell’apparire per mostrare agli altri la propria esistenza

La ricerca della distinzione sociale conduce alla ricerca della “particolarizzazione qualitativa per poter attirare su di sé, in qualche modo, grazie alla stimolazione del senso delle differenze, l’attenzione del proprio ambiente. Ciò che finisce per portare alle eccentricità più arbitrarie, alle stravaganze tipicamente metropolitane della ricercatezza, dei capricci, della preziosità il cui senso non sta più nei contenuti di tali condotte, ma solo nell’apparire diversi, nel distinguersi e nel farsi notare, il che, in definitiva, rimane per molti l’unico mezzo per salvare, attraverso l’attenzione degli altri, una qualche stima di sé e la coscienza di occupare un posto. Nello stesso senso agisce un altro elemento impercettibile i cui effetti finiscono, però, per sommarsi e diventare ben visibili: la brevità e la rarità degli incontri che, in confronto alle relazioni quotidiane della piccola città, sono concessi a ciascuno. La tentazione di presentarsi in modo arguto, conciso, possibilmente caratteristico è, infatti, straordinariamente più forte in questo caso che là dove la frequenza e la durata degli incontri fornisce a ciascuno una immagine inequivocabile della personalità dell’altro” (53)

10. Una terrificante differenza: alla crescita del benessere materiale non ha corrisposto una analoga crescita della cultura individuale

Simmel individua un altro fenomeno tipico della vita moderna urbanizzata: l’incredibile sproporzione esistente fra sviluppo e disponibilità di beni materiali e sviluppo e disponibilità di beni spirituali: “Lo sviluppo della cultura moderna si caratterizza per la preponderanza di ciò che si può chiamare lo spirito oggettivo sullo spirito soggettivo, in altre parole, nel linguaggio come nel diritto, nella tecnica della produzione come nell’arte, nella scienza come negli oggetti di uso domestico è incorporata una quantità di spirito al cui quotidiano aumentare lo sviluppo spirituale dei soggetti può tener dietro solo in modo incompleto e con distacco sempre crescente. Se consideriamo l’immensa quantità di cultura che si è incorporata negli ultimi 100 anni in cose e conoscenze, in istituzioni e comodità e la paragoniamo con il progresso culturale degli individui nel medesimo lasso di tempo – anche solo nei ceti più elevati- fra i 2 processi si mostra una terrificante differenza di crescita e addirittura, per certi versi, un regresso della cultura degli individui in termini di spiritualità, delicatezza, idealismo” (53-54)

11. L’economia capitalistica fra crescita materiale e desiderio di distinzione

Il modo di produrre e consumare tipico del capitalismo, la crescente necessità di lavorare e di specializzare le attività lavorative in mille direzioni diverse sono alla base del fenomeno precedentemente descritto. La divisione del lavoro “richiede al singolo una prestazione sempre più unilaterale il cui più alto potenziamento determina, spesso, un deperimento della sue personalità complessiva. In ogni caso l’individuo è sempre meno all’altezza dello sviluppo lussureggiante della cultura oggettiva. Forse meno nella coscienza che nei fatti e nei confusi sentimenti che ne derivano l’individuo è ridotto ad una quantité négligeable, ad un granello di sabbia di fronte ad una organizzazione immensa di cose e di forze che gli sottraggono tutti i progressi, le spiritualità e i valori, trasferiti via via dalla loro forma soggettiva a quella di una vita puramente oggettiva. Le metropoli sono i veri palcoscenici di questa cultura che eccede e sovrasta ogni elemento personale. Qui, nelle costruzioni e nei luoghi di insegnamento, nei miracoli e nel comfort di una tecnica che annulla le distanze, nelle formazioni della vita comunitaria e nelle istituzioni visibili dello stato, si manifesta una pienezza dello spirito cristallizzato e fattosi impersonale così soverchiante che la personalità non può reggere il confronto. Da una parte la vita viene resa infinitamente facile poiché le si offrono da ogni parte stimoli, interessi, modi di riempire il tempo e la coscienza che la prendono quasi in una corrente dove i movimenti autonomi del nuoto non sembrano quasi più necessari. Dall’altra, però, la vita è costituita sempre di più di questi contenuti e rappresentazioni impersonali che tendono ad eliminare le colorazioni e le idiosincrasie più intimamente singolari; così l’elemento più personale, per salvarsi, deve dar prova di una singolarità ed una particolarità estreme. Deve esagerarsi per farsi sentire anche da se stesso” (54-55)

12. Lo sviluppo dell’individualismo moderno: libertà politico-economica e desiderio di distinzione

Fra il 1700 e il 1800 ha luogo una profonda mutazione nei rapporti fra l’individuo e le istituzioni politiche ed economiche. Si passa da una condizione di restrizione ed illibertà ad una condizione di libertà ed uguaglianza. Un ideale liberale si sviluppa; accanto un altro ideale, causato sia dalla impostazione dell’economia capitalistica, sia da istanze romantiche, prende piede: quello della distinzione personale: “Non più l’uomo universale in ogni singolo individuo, ma proprio l’unicità e la insostituibilità qualitativa del singolo sono, ora, i depositari del suo valore. Nella lotta e negli intrecci mutevoli di questi 2 modi di concepire il posto del soggetto all’interno della totalità, si svolge la storia esteriore ed interiore del nostro tempo” (56)

13 Note metodologiche

“Indipendentemente dal fatto che le loro singole manifestazioni possano o meno piacere, esse fuoriescono dalla sfera di fronte a cui avremmo il diritto di porci nell’attitudine del giudice. Nella misura in cui queste potenze sono intrecciate organicamente nelle radici e nelle fronde dell’intera vita storica di cui facciamo parte nell’effimera durata di una cellula, il nostro compito nei loro confronti non è quello di accusare o di perdonare. Solo quello di comprendere” (57). In precedenza Simmel aveva ricordato il nome di Nietzsche fra quegli autori che si erano opposti ferocemente all’organizzazione della vita moderna in nome dell’unicità dell’individuo e della sua irriducibilità conformistica e consumistica.
Il testo di Simmel si conclude con una nota: “iI contenuto di questa conferenza, per la sua natura, non si basa su di una bibliografia citabile analiticamente, i motivi e l’esposizione delle sue principali argomentazioni culturali e storiche sono contenute nel volume FILOSOFIA DEL DENARO”

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